lunedì 22 settembre 2014

Ho lasciato tutto per lui..poi lui mi ha lasciata. Ricominciare è possibile


Donne che rischiano tutto per amore, lasciano città, lavoro a volte addirittura il paese d'origine, per trasferirsi accanto all'uomo che amano.

Decisione maturata nel corso di una notte o di una vita, ma con una soluzione identica per le esperienze che andremo a raccontare: sono state lasciate, sono cadute e si sono rialzate e si sono rifatte una vita. Più forti di prima.

Hanno scommesso su loro stesse ed hanno vinto, dimostrando che in amore non vince chi fugge, ma chi resta.

C'è chi ha puntato sul lavoro, chi sui figli e chi soltanto su sé stessa, hanno una cosa in comune: il sorriso di chi c'è l'ha fatta.





Rosa Sanchella 30 anni abita a Dolo



Il mio sogno più grande era indossare la divisa, fin da quando ero bambina le mie amiche giocavano a fare le principesse io invece indossavo i pantaloni e facevo il soldato. Quando c'è stata la possibilità di fare il concorso per l'esercito non ci ho pensato due volte: ho rincorso il mio sogno e l'ho vinto.

Ho conosciuto il mio futuro marito in caserma ad Ascoli Piceno, ci siamo innamorati subito, ma siamo stati costretti a far finta di nulla sul lavoro perché nel 2000 era stata fatta una legge per cui uomini e donne entrambi arruolati, non potevano fidanzarsi, tanto meno sposarsi, pena il congedo immediato.

A quel punto avevo due prospettive: o fare l'accademia da “single” oppure uscire allo scoperto con il mio compagno, e così ho scelto l'amore, mi sono congedata e dopo ci siamo sposati e trasferiti in provincia di Viterbo, dove c'era la sua famiglia.

I dodici anni di matrimonio mi hanno regalato una figlia meravigliosa, Jennifer, dopo per una serie di problemi legati soprattutto all'invadenza di mia suocera, ci siamo lasciati.

Anzi a dirla tutta mi ha lasciato telefonicamente proprio sua madre, mentre lui era in missione all'estero ed io ero a Dolo (dove abitano i miei) ad arredare la nostra futura casa, visto che avevamo deciso di trasferirci in Veneto

E 'stato umiliante, all'inizio sono stata molto male, ma poi ho capito che la vita mi stava dando la possibilità di un nuovo inizio.

Ne sono uscita grazie alla presenza di mia figlia, con cui ho un rapporto meraviglioso, non volevo scendere a compromessi nella sua educazione perché volevo che crescesse libera da condizionamenti familiari: l'ambiente che ci circondava non l'avrebbe mai permesso. Così, dopo tre mesi dalla separazione, siamo entrate nella nuova casa sorridendo, con un nuovo lavoro (facevo la guarda giurata) e con la consapevolezza di essere forte come non mi sarei mai aspettata. L'amore per mia figlia ci ha rese libere.”



Michela Pica 43 anni vive a Varese

La decisione di lasciare la mia città e un lavoro ben retribuito è arrivata quasi contestualmente al trasferimento del mio eterno fidanzato (ci siamo messi insieme alle superiori), non potevo immaginare di stare lontana da lui.

Così dopo qualche mese mi sono trasferita a Cesenatico, pensando che fosse la mia “meta” definitiva.

Invece poco dopo lui mi ha lasciato per un'altra, ed io sono stata davvero male, anche fisicamente, ho sfiorato l'anoressia.

Mi sono trasferita in una casa vicina alla sua, ma vivere in una cittadina così piccola come Cesenatico ed incontrarlo quotidianamente era diventato insostenibile, da qui la mia insofferenza e la mia voglia di evadere, ho capito che se volevo risollevarmi dovevo cambiare aria.

Ne sono uscita grazie all'improvvisa proposta di lavoro arrivata da parte di un mio amico che aveva bisogno di una collaboratrice ed aveva pensato a me, ma dovevo trasferirmi subito a Milano.

Non ci ho pensato due volte, ho fatto i bagagli e sono partita, dopo un mese abitavo nel capoluogo lombardo e finalmente ho ricominciato a “vivere”.

E' vero me ne sono andata, ma questo ha permesso che riprendessi in mano le redini della mia vita, io che sono sempre stata in coppia, ho capito che per essere felice spesso è più importante avere dei buoni amici presenti, piuttosto che un fidanzato assente.

Adesso abito a Varese e collaboro in un locale dove ho unito le pubbliche relazioni con la gioia di avvicinare un buon calice con il giusto cibo. Sono serena e pronta ad innamorarmi di nuovo.”

Wendy Teunissen olandese vive ad Alessandria ha 44 anni

Ci siamo incontrati la prima volta nel mio paese, in Olanda, era in vacanza e mi colpì subito per la sua bellezza, ma ero già impegnata ed innamorata così non accadde nulla.

Ci siamo rivisti dopo due anni, io mi ero lasciata ed è scoppiato l'amore, la sua determinazione e la sua sicurezza hanno vinto tutte le mie resistenze.

Ho capito che se non volevo perderlo, dovevo seguirlo, così quando mi ha proposto di tornare con lui, non ci ho pensato un attimo, ho fatto le valigie e siamo partiti per l'Italia, destinazione Alessandria. Ho lasciato tutto per lui: anche il mio paese. Siamo stati insieme quattordici anni, abbiamo avuto cinque figli, l'ultimo dei quali mentre eravamo già separati, mi aveva lasciata per un'altra mentre ero incinta. Mi sono sentita sola e abbandonata, ho sperato di poter riuscire a sistemare le cose con lui, quando ho capito che era davvero finita ho pensato anche di tornare in Olanda, ma poi ho deciso di rimanere per i miei figli.

Ne sono uscita scommettendo su me stessa, e sulla forza con cui mia madre mi ha allevato da bambina, così mi sono alzata e ho fatto quello che mio ex diceva sempre che non avrei mai fatto : ho cercato casa e sono andata via.

La sua mancanza di fiducia e di stima nei miei confronti sono stati i miei punti di forza, quando pensavo di mollare la presa, immaginavo cosa mi avrebbe detto: “lo sapevo che non ce l'avresti fatta.”

E' stata una sfida, ho trovato una socia e adesso restauro mobili per rivenderli in Olanda e, per la prima volta sto realizzando i miei sogni, e non quelli di qualcun altro.

A tutte quelle che stanno passando un momento terribile dico di rimboccarsi le mani perché la vita non finisce con un divorzio perchè fuori c'è tutto un mondo che aspetta solo voi.”

Irene Vella

 

 

domenica 21 settembre 2014

Aborto ai tempi dell'obiezione


Emergenza aborto all'ospedale Niguarda è una notizia di pochi giorni fa , i medici non obiettori si sono ridotti a due e per garantire l'applicazione della legge 194 i vertici ospedalieri hanno dovuto chiedere aiuto ai ginecologi del Sacco.

Anche quest'anno la relazione del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194 conferma la netta riduzione dei tassi di abortività nel nostro Paese,(- 54.9% dal 1982) sottolineando il dato di fatto che la legge funziona, nonostante gli innumerevoli attacchi subiti nei trentacinque anni trascorsi dalla sua approvazione.

Il dato più preoccupante riguarda proprio i numeri relativi all'obiezione di coscienza (70.7%) che, tra l'altro sottostimano il dato reale. I dati ministeriali infatti non tengono conto dell’esistenza di una “obiezione di struttura”: che significa che in molti ospedali del nostro paese i servizi per le interruzioni volontarie di gravidanza semplicemente non esistono.

La situazione nel nostro paese vede infatti passare dal 1983 a oggi il numero di ginecologi obiettori dal 59,1 al 70,7% (con punte dall' 80 al 91% in Basilicata, Sicilia Campania Lazio e provincia di Bolzano) contro una sostanziale stabilità del numero di anestesisti obiettori (dal 50.4 al 51.7) e del personale paramedico (dal 44.5 al 44.4)



( i dati si riferiscono alla relazione del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194 nell'anno 2013)



Anna anni 46 madre di tre figli casalinga Imola

per abortire è stata costretta ad andare in una città diversa dalla sua

Quando ho scoperto che la bambina che aspettavo era affetta dalla sindrome di Patau (incompatibile con la vita) ero nello studio della mia ginecologa, l'ho vista sbiancare ed abbassare lo sguardo, il mio cuore si è fermato con quella drammatica diagnosi.

E la situazione si faceva tanto più terribile perché ero di venti settimane, ed avevo solo quattordici giorni per rientrare nei termini stabiliti dalla legge per ricorrere ad un aborto terapeutico.

Il giorno successivo mi sono presentata al pronto soccorso con il certificato del mio medico e mi sono scontrata con un ginecologo obiettore, che dopo aver letto distrattamente la diagnosi mi ha guardato sprezzante dicendo: “noi qua non aiutiamo ad uccidere dei bambini, lo sa che a venti settimane sono già formati? Siete tutte brave a rimanere incinta, tanto poi se c'è un problema abortite.”

Sono quasi svenuta per quelle parole, sono scappata piangendo, mi sentivo morire.

Appena arrivata a casa ho telefonato disperata alla mia dottoressa che il giorno successivo mi ha preparato le carte per il ricovero nell'ospedale dove lavorava lei (a Torino) e ha fatto in modo tale che non mi imbattessi in nessun altro medico obiettore, occupandosi personalmente del mio aborto terapeutico.

Per usufruire di un mio diritto sono dovuta andare in un'altra città, ma se non avessi avuto l'aiuto della mia ginecologa cosa avrei fatto?

Credo che nessuno abbia il diritto di condannarci, siamo noi mamme le peggiori giudici di noi stesse”



Paola C. Roma 55 anni libera professionista due figli

Sono rimasta incinta all'inizio degli anni novanta, nonostante avessi la spirale, e non potessi permettermi di avere un altro figlio.

Ho pensato in tutti i modi a come fare per tenerlo, ma sia per motivi economici che di salute (mi era stato prelevato il rene destro per un tumore da meno di un anno, il mio fisico era ancora molto provato) purtroppo ci ho dovuto rinunciare.

Ho iniziato cosi il cammino per usufruire della IVG , venivo sballottata da un consultorio all'altro, non c'era più posto, il medico era obiettore, e più passavano i giorni più ero terrorizzata dall'idea di passare le dodici settimane consentite per l'interruzione volontaria di gravidanza.

Quando è arrivata la chiamata ero già di dieci settimane e la sera prima dell'intervento ero talmente scossa, che per lo stress ho avuto un aborto spontaneo.

Non lo volevo è vero, ma non per questo quando mi sono resa conto di quello che stava succedendo, non sono stata male, anzi.

Mi sono sentita una madre cattiva.

Così la mattina successiva sono andata in ospedale con mio marito portando con me il contenitore con le prove fisiologiche dell'avvenuto aborto, ho fatto presente la situazione, e hanno deciso di ricoverarmi per farmi un raschiamento il giorno successivo.

I ginecologi, tutti obiettori al mio arrivo in sala operatoria mi etichettano come “una mancata 194” e li sento parlare: sono convinti che mi sia indotta l'aborto con qualche farmaco, e così decidono di trattarmi non come una donna, ma come un'inutile contenitore.

Mi legano per i piedi e mi appendono a testa in giù (per lavorare meglio, perché così la parte in cui dovevano lavorare era all'altezza dei loro occhi e delle loro mani) come fossi un animale da macello.
E' come se fossi stata violentata nell'anima e nel corpo. Al mio risveglio non sono riuscita nemmeno a raccontarlo a mio marito, ma, se tornassi indietro, li denuncerei per evitare che possa succedere a qualcun'altra quello che è successo a me”



Daniela di Terni anni 43 impiegata

Quando ho scoperto di essere incinta ero felicissima, cinque mesi ad immaginare la faccia del mio bambino, immaginare i suoi occhi, la sua bocca, sogni infranti la mattina dell'ecografia morfologica.

Mio figlio aveva la spina bifida che aveva portato un mancato sviluppo del midollo spinale, così ho deciso, devastata, di abortire.

E' cominciata l' odissea nell'ospedale della mia città, nessuno sembrava capire che dietro alla decisione di una madre di rinunciare al proprio figlio c'è uno strazio che non avrà mai fine.

Dopo essere stata ricoverata tra gli sguardi di disapprovazione generale, sono stata abbandonata, nessuno si è più avvicinato a me,

Mi ricordo ancora il viso della dottoressa che, senza la minima compassione, si avvicinò al mio letto (mentre ero sotto contrazioni) e con voce quasi meccanica dire: “ hai diritto a un letto, all'interruzione volontaria di gravidanza e all'assistenza post-parto, ma non ad una presenza medica e ostetrica durante il travaglio perché siamo tutti obiettori di coscienza.”
Sono stata lasciata da sola e disperata con mio figlio morto tra le gambe per un tempo che mi è sembrato interminabile, come per punizione.

Ho sentito dire all'ostetrica che me lo meritavo: ero un'assassina.

Sono stata trattata come un mostro, quel giorno non ho perso solo il mio bambino, ma anche una parte di me stessa.”





Dottoressa Barbara Del Bravo ginecologa ospedaliera presso ospedale di Pisa

Perché quello dell'obiezione di coscienza dei medici è diventato un tale problema, sono davvero aumentati?

purtroppo sì, non posso che confermare il dato emerso dalla relazione del Ministero della salute, negli ospedali italiani il numero dei medici obiettori è cresciuto in modo esponenziale: sono aumentati del 17,3% in trenta anni.

Un dato così preoccupante da indurre il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa a riconoscere ufficialmente che l'Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza.

Un esempio fra tutti la Regione Lazio dove in dieci strutture pubbliche su trentuno (esclusi gli ospedali religiosi e le cliniche accreditate) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Tra queste, due sono strutture universitarie (il Policlinico di Tor Vergata e l’Azienda Ospedaliera S. Andrea), che dunque disattendono anche il compito della formazione dei nuovi ginecologi, sancito dall’art.15 della legge 194.”
 
Irene Vella

 
 

sabato 20 settembre 2014

dal successo "Credevo fosse un'amica e invece era una stronza" Piccole stronzamiche crescono



,


6.

Piccole stronze crescono74

 


Passano gli anni, cambiano le mode, le acconciature, solo una cosa non cambia mai: le stronzamiche. Ci potremmo fare una puntata intera di Quark sull’evoluzione della specie, adesso non si chiamano solo "stronze", si chiamano pure "bulle", ma il risultato è lo stesso, come anche il prototipo della vittima prescelta.

Escono in branco, camminano allo stesso modo, inclinando la testa dalla stessa parte, usano lo stesso linguaggio, gli stessi vestiti, ma attenzione perché ci sarà sempre e solo un’ape regina (non avrete altra capa all’infuori di lei) che comanderà su tutte. Sarà lei a decidere vita, morte e miracoli delle compagne. Fuori dalla scuola si riconoscono al volo, stessa andatura, stesso sguardo, matita nera sugli occhi – a dodici anni dico dodici – e una schiera di maschietti con gli ormoni a palla al seguito. In classe avranno già separato il gruppo dei fichi da quello degli sfigati: quelli cool durante la ricreazione escono e vanno a fare le "vasche" nei corridoi della scuola, gli sfigati rimangono all’interno della classe perché tanto dove devono andare?
 

Ecco, io alle medie ambivo a essere una stronza bulla, ma con alle spalle dei genitori professori sessantottini mi veniva difficile. Più mi crescevano a "non importa quello che hai ma quello che sei" più io ambivo ad avere determinati vestiti e, naturalmente, di chi mi ero andata a invaghire? Del più fico della scuola. Perché? Perché "Io valgo" e, nonostante le perculatio, la mia autostima arrivava dove non poteva la notorietà.

Ci ho pure provato a uscire durante la ricreazione ma se non nasci figa già con l’andatura di Belen e la sua farfalla stampata in testa, il rischio era quello di vedere uno stecco secco (ero talmente magra da essermi meritata vari soprannomi, che se me li dicessero oggi apprezzerei parecchio) prima ondeggiare (ero alta 1 e 75 per 49 chili... bei tempi!), poi mettersi a correre per tutti i corridoi insieme ai maschi, con la grazia di un camionista (non perché abbia qualcosa contro la categoria sia chiaro, ma diciamo che non rappresentano, almeno nell’immaginario comune, il massimo dell’eleganza, ecco), perché un pochino va bene, ma poi come cappero si fa a camminare senza fare nulla per quindici minuti in un corridoio? Eh no, non si fa così. Le fighe non corrono, sfilano; le stronze non ridono, sfottono con le mani davanti alla bocca, poi alzano la testa ti squadrano un attimo, e puff tu sei finita, segnalata a vita, ti imprimono il marchio, 75


e tu, per tutta la durata della scuola, non riuscirai a togliertelo.

Mi ricordo che alle medie avevo due migliori amiche, e già il numero non depone a mio favore, lo so, con una di queste ci scambiavamo il fidanzatino, una settimana a testa, non pensate male, era lui che ci combinava così, e a ripensarci adesso, io ero proprio come Carrie con Big (ma dimenticatevi le sue mise, io ero più stile Pippi Calzelunghe... e già vi ho detto tutto). Avete presente quando lui per l’ennesima volta la lascia e si sposa la figa lessa? Uguale. Io ero la ribelle, la mia amica naturalmente la gattamorta, più brutta di me, ma mooolto più furba, aveva fatto suo il detto "in amor vince chi fugge", e quindi si lasciava desiderare.

Io, al contrario, avevo coniato il detto "lui mi ama ma non riesce a dirmelo e mi dà le botte a ricreazione come segno d’affetto", quando in realtà quello che mi sarebbe calzato a pennello era "la verità è che non gli piaci abbastanza". E così, con lei era tutto coccole e moine, con me botte da orbi, che io interpretavo come segno di passione... furba, eh? Il finale è stato abbastanza scontato: le due mie migliori stronzamiche hanno scelto di frequentare lo stesso istituto dopo la scuola media, io ho scelto il liceo, che si trovava pure in un altro paese, quindi addio: lontana dagli occhi lontana dal cuore, e la nostra grande "amicizia" è finita così.

Ma a quel punto, alla mia stronzamica il tipo tanto conteso non è più interessato perché non c’era gusto ad averlo così senza soffiarlo a nessuna.76

Io, invece, per un altro anno ho lavorato di sguardi, avete presente Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere quando si trovano in chiesa a corteggiare le donne, ma non possono parlare, e quindi devono fare tutto con gli occhi, e Benigni dice a Troisi: "Fagli capì che hai capito" e Troisi risponde: "Ho capito, ho capitoooo". Ecco, uguale.

Per circa 280 giorni, facendo lo stesso percorso io dalla stazione, lui dall’istituto e incrociandoci sempre nello stesso punto, lo guardavo fisso: avrà pensato pure che c’avessi una paresi facciale, ma nulla, non ci fu verso ’un capì o forse fece finta di non capire e la mia prima cotta si concluse prima ancora di aver avuto qualsiasi tipo di sviluppo.

Irene Vella

Thank God XFACTOR8 "IS"

Ognuno di noi ha una dipendenza, un vizio, io in realtà ne ho più di uno, sono pistacchio dipendente, ma visto che alimentandomi di questa graziosa crema rischio di diventare una balenottera ambulante, ho deciso che forse per un po' è meglio concentrarsi su qualcosa di meno dolce, ma altrettanto accattivante, e per fortuna in mio soccorso è arrivato Xfactor8.
Sono sincera dopo la dipartita di Simona Ventura e Elio, ho temuto che il livello del programma si sarebbe abbassato, ed invece sono davvero rimasta piacevolmente sorpresa dalla sintonia palpabile tra questi quattro, probabilmente il fatto che per la metà della giuria fosse una novità ha inciso sulla ventata di freschezza che mi è arrivata ( e non solo a me, il gruppo d'ascolto che si ritrova sulla mia bacheca puntuale come sempre, è entusiasta ).
 Ma veniamo a noi cosa resterà di questa prima puntata?
I mai più senza sono:
1) il bacio di Victoria a Mika, con successivo assaggio della bocca e conseguente bacio a stampo di Morgan a Fedez;
2) le lacrime di Fedez che veniva voglia di andare lì e coccolarselo patatoneee ( per inciso lo vedrei bene come fidanzato di mia figlia, hai mica un fratello che t'avanza? e anche come migliore amico dello gnomo)
3)la smattata di Morgan nel suo attacco di Baudite acuta "io proprio non lo sopporto copiare così spudoratamente Marco Mengoni, guarda come sei lezioso, sei artefatto, costruito e poi Marco l'ho inventato iooooooooo" veniamo al dunque qual è il tuo voto? " canta bene il mio è un sì" ...adoro Morgan e la sua coerenza :)
4) la Maya "desgnuda" che arriva vestita come la Bertè o come Madonna dei tempi d'oro, si spoglia rimane in mutande col il sì immediato di Morgan e Mika e il no di Victoria e Mika che si è alterato non poco, e l'uscita di scena della tipetta in questione con un "l'Italia non è pronta" e così sia
5) il gruppo degli Spritz for five, che io ho adorato, perché avete scelto questo nome? "ci piaceva qualcosa che avesse le bollicine", perfetto. La coreografia e le voci sembravano uscite da una puntata degli usignoli di Glee, meraviglia voto 8
6) la sedicenne bocciata da Morgan (che ancora non ho capito) con l'approvazione della mamma ( ce ne fossero di mamme così che si dicono concordi con le stroncature delle figlie ci sarebbero più universitarie e meno olgettine)
7) il disoccupato di tempio Pausania che lavorava sulle pale eoliche, che ha commosso e incantato con il suo inedito
8) ma il nuovo idolo delle folle è senz'altro lui, il Mengoni giapponese, Yusaku, che al suo ingresso sembra un manga vivente e tra un Morgan che gli chiede "cos'hai sotto il braccio il menù?" Mika che continua dicendo "questo parla l'italiano come io" Victoria conclude con "tu hai l' xfactor?" e Yasuku risponde "questa prima volta ad xfactor" e poi comincia a cantare "ressenziale" di Marco Mengoni lasciando tutti a bocca aperta per la sua interpretazione.
Non c'è storia il web lo ha già decretato il vincitore morale, e lo vuole dentro la trasmissione.
Staremo a vedere cosa accadrà per ora posso dire che le puntate delle audizioni durano troppo poco due ore, il tempo passa e non te ne accorgi neanche (succede sempre quando un programma funziona)
I voti sono positivi per tutti i giudici e naturalmente per Cattelan che si dimostra il mattatore di sempre.
Appuntamento al prossimo giovedì.
Irene Vella


giovedì 18 settembre 2014

Fabè Dia ed io: un libro per cambiare. Tornare in forma dopo i 35 anni

Quest'estate ho scoperto Tosca Reno (esperta di fitness e personal trainer di molte star tra cui anche Madonna e Angelina Jolie), con qualche anno di ritardo, della serie sempre sul pezzo ehhhh,, e mi sono divorata due dei suoi tanti libri, il primo "oggi meglio di ieri" è il libro che tutte noi quarantenni dovremmo leggere almeno una volta nella vita, da tenere sul comodino accanto al letto e da consultare nei momenti di sconforto, il secondo è la Dieta Eat and Clean.
Non è che Tosca abbia scoperto l'acqua calda, lei sostiene che per dimagrire sia necessario mangiare pulito, cioè comprare e cucinare solo cibi freschi che è come dire: se vuoi dimagrire smetti di mangiare i dolci e vedrai che prima o poi qualcosa perdi.
Però è il modo in cui lo fa e soprattutto quando l'ha fatto che mi ha colpito: a 42 anni suonati lei si è messa in testa di dimagrire e partecipare ad uno di quei concorsi per body builder e cazzo da 90 kg è passata a 62 e senza operazioni di chirurgia estetica.
E' passata da "sono una cicciona non ce la farò mai" a " sono una strafiga e a 42 anni ho un fisico che manco le ventenni", ha superato indenne la menopausa, non ha preso chili sul girovita, e adesso a  cinquant'anni e coda si mantiene in forma e va in giro con la sua borsina piena di cibi freschi e puliti e non sgarra mai ( o quasi).
A questo punto mi sono domandata: ma se ce l'ha fatta lei perché io no? la risposta è stata: forse perché tu riesci a  resistere a tutto tranne che alle tentazioni? che poi non è manco vero.
Uno dei dietologi da me consultati, il dottor Oliva di Mestre, mi colpì dicendomi che io avevo la mentalità da anoressica ( cazzo solo la mentalità ehhhhh) cioè o tutto o niente, ed è vero, non riesco ad avere una via di mezzo, io ci provo a mangiare un cucchiaino di Novi e poi basta, ma poi quella maledetta mi chiama dalla dispensa ed io cedo, e lo stesso mi succede con il gelato, ogni volta che ci passo davanti il pistacchio mi fischia dietro come il peggiore degli stalker, ed io ai complimenti non resisto, e manco alla panna montata :)))))
Il problema è che io sono una skinny dentro una curvy, a volte mi piaccio, a volte no, a volte quando guardo come ero mi prende male, a volte penso che il mio problema sia arrivato nel momento in cui ho fatto la prima dieta, perché prima mangiavo come un camionista e non ingrassavo, dopo invece è andata sempre peggio.
Sono arrivata alla conclusione che le diete dimagranti alla lunga facciano ingrassare, può sembrare un controsenso ma io l'ho provato sulla mia pelle ed vi assicuro che è proprio così.
Ho il metabolismo di una vecchia #cessaasonagli dopotutto, ma dentro di me c'è una gnocca che vuole mettersi in costume anche d'inverno e farsi selfie con l'hashtag "tramonto" al posto di "culo" come dice Selvaggia Lucarelli :)
E a questo punto mi sono ricordata di quella stupenda pantera che un giorno di un anno fa in palestra mi sfrecciò accanto a velocità 19 sul tapis roulant mentre io andavo fiera a 7.2, solo qualche giorno più tardi riuscii a scoprire il suo nome Fabè Dia, e capii anche perché andava così forte: era una atleta della nazionale francese della categoria 400, naturalizzata italiana dopo aver sposato il veneto mezzofondista Andrea Longo (che dopo ho scoperto andare a 22 sul tapis).
Secondo me Fabè ha il fisico più bello che abbia mai visto, non una curva fuori posto, un muscolo sottotono, dei bicipiti tirati ma femminili, un viso solare e sorridente, insomma come direbbe Ceccherini " Dio c'è c'ho le prove", e poi ha un motto che la dice lunga sul suo carattere strepitoso "Ho scelto di essere felice ogni giorno".
Allora l'ho contattata e le ho esposto il mio progetto di diventare la Tosca Reno de "noiartri", seguendo una alimentazione controllata, ma inserendo attività fisica tre volte alla settimana seguita da lei, che adesso, oltre a continuare la sua carriera di atleta (ha vinto i master dei 60 piani a marzo 2014), allena le future campionesse di domani.
Ecco io non sono propriamente una ragazzetta ma ho promesso che l'ascolterò ed insieme butteremo le basi per il futuro best seller sulle donne in forma dai 35 in su, e come succede in questi casi Tosca Reno trema :)))))
Seguiteci perché ne vedrete ( appena possibile posterò i video dei miei allenamenti) e leggerete delle belle.
Prossimamente su questo canale.
Irene Vella

mercoledì 17 settembre 2014

«Mi ci sono volute 22 operazioni e una causa legale di 5 anni per cambiare sesso. Eppure nemmeno questo basta per essere considerata una donna»


«Mi ci sono volute 22 operazioni e una causa legale di 5 anni per cambiare sesso. Eppure nemmeno questo basta per essere considerata una donna».

A parlare è Eva Carieri, una bellissima ragazza poco più che trentenne, che da pochi giorni ha partecipato e vinto a Monselice (PD) il suo primo titolo nazionale al concorso di Miss Chirurgia estetica 2014, con la fascia di Miss Sorriso.

La signorina in questione è il tipico esempio delle contraddizioni del concorso di Miss Italia sollevate da Vladimir Luxuria, perché Eva, nonostante sia donna a tutti gli effetti, non avrebbe mai potuto partecipare come concorrente al titolo.

A vietarlo un articolo del regolamento che elegge la più bella dello stivale, ma prevede che possa partecipare solo chi è donna fin dalla nascita, escludendo evidentemente chi ha cambiato sesso.

Ed è per questo che Luxuria ha declinato l'invito a partecipare in veste di giurata, dimostrandosi coerente con le sue idee ed i suoi principi sarò giurata quando toglieranno l'articolo 8 che dice NO alle trans operate! Perché io sì e le altre no? Solo perché sono famosa?” ha “twittato”.

A questo punto l'organizzazione del concorso, nelle vesti di Patrizia Mirigliani, ha cercato di buttare acqua sul fuoco manifestando la possibilità di cambiare questa clausola aprendo alle trans operate il prossimo anno, addirittura affermando che la più bella d'Italia nel 2015 potrebbe essere un transgender.

Eva, che nasce Adamo in realtà, per trasformarsi in principessa non ha dovuto mangiare nessuna mela, ma sottoporsi a più di venti operazioni, l'ultima delle quali a Bangkok, ma la sua carta di identità parla chiaro: sesso femminile.

trovo ingiusta e discriminante questa clausola” dice questa palermitana naturalizzata bolognese “ho intrapreso una causa durata cinque anni per vedere scritto nel mio documento la parola donna, ma adesso che ho vinto non mi ferma più nessuno. Avessi avuto i requisiti fisici (le misure richieste) e l'età avrei partecipato.”

Eva mi parla del suo percorso doloroso e difficile, fiera di aver avuto sempre al suo fianco la madre, purtroppo scomparsa nel 2006, in una Palermo a volte cattiva, dalla quale è scappata e nella quale ha provato a tornare per l' amata famiglia (il padre e le due sorelle) per sentirsi nuovamente rifiutata dai suoi abitanti.

ho frequentato l'accademia di estetica a Roma e mi sono diplomata in trucco estetico e cine/teatrale, a Bologna avevo un ottimo posto, nello studio di un chirurgo plastico.

Ho provato a mollare tutto per ricominciare nella mia città natale, mi è stato detto che non sono “adeguata” al mio ruolo: non si smette mai di lottare. Nemmeno dopo l'operazione.”

Mentre parliamo ci facciamo anche delle confidenze “ si dice in giro che al concorso di Miss Italia abbiano partecipato in passato almeno tre trans operate, non vincendo titoli nazionali, ma arrivando tra le sessanta finaliste. Sarà vero?”

In effetti se ci pensate bene, se una trans operata volesse partecipare al concorso mentendo sul suo passato, avendo la carta d'identità in regola, chi potrebbe scoprire la realtà?

Eva ha anche le idee chiare sulle motivazioni che escludono le transgender dal concorso “ da una parte c'è un problema di mentalità legato alla presenza del Vaticano, dall'altra c'è una scuola di pensiero che ha paura delle transgender, vengono viste come un fenomeno ingombrante, quando in realtà c'è posto per tutti nel mondo, ma il diverso fa paura.”

Eppure a guardarla sembra solo una bellissima donna, le chiedo che rapporti abbia con gli uomini e con le donne “ devo dire che ho un successo enorme tra i maschietti, ma io ho occhi solo per il mio compagno con il quale convivo a Napoli. Per quanto riguarda le donne è molto semplice: divento amica e complice di quelle intelligenti ed aperte, mentre le ignoranti mi vedono come una nemica, quindi non c'è possibilità di stringere rapporti.”

Ma non è sempre stato così e mi racconta di quando poco più adolescente veniva cacciata da branchi di essere umani, chi la voleva per del sesso
occasionale, chi per picchiarla

sono fuggita dalla mia città per non soccombere. Sono riuscita a sopravvivere grazie all'amore dei miei genitori che hanno aspettato undici anni per fare il terzo figlio sognando il maschio, e sono arrivata io. Se sono riusciti loro ad accettare la terza figlia femmina in famiglia, non vedo perché non possa farlo un concorso di bellezza. Loro mi hanno accolto per tutta la vita, Miss Italia dura solo qualche giorno.”



Come darle torto.



Irene Vella
 
 

#mammerde


Ho pensato molto al fatto di scrivere o meno questo post, se ci fosse davvero l'esigenza o l'utilità, ma poi mi sono detta sticazzi io ne ho bisogno e quindi lo faccio.
Tutto è partito da un mio post scritto ieri sera su facebook  ( https://www.facebook.com/irene.vella2/posts/10204365985607087?notif_t=like ), uno sfogo dopo che la mamma di un compagno di scuola e di calcio dello gnomo ha invitato tutti i compagni tranne lui.
La mia reazione iniziale è stata semplice: una strage.
Vedere gli occhi del proprio figlio gonfiarsi di lacrime per essere stato escluso (ma subito dopo ricacciarle indietro facendo il superiore) scatenerebbe istinti omicidi in qualunque madre che si rispetti, per fortuna che in famiglia Gabriele è l'adulto della situazione.
Ma i bambini devono essere tali, non devono aver paura di nascondere le proprie debolezze, per esempio io perché dovrei nascondere che se avessi un paio di forbici taglierei tutti i capelli della stronza genitrice? o ancora meglio potrei strapparle la gonna e lasciarla in mutande davanti al cancello di scuola(sperando indossi quelle  della nonna).
Mio figlio mi ha lasciata interdetta con "mamma stai tranquilla, non te la prendere (io...), magari è solo perché vengo da fuori, ci vuole un po' prima che gli altri mi accolgano (cazzo un po' va bene, ma siamo al secondo anno, non è troppo?), quando loro vorranno io ci sarò.
Allora l'ira funesta si è aggrappata di ogni mio neurone ed ho cominciato a pensare all'organizzazione di una mega festa che l'abito di Belen al matrimonio della Canalis scansate, tipo con nani, giocolieri, calciatori di serie A che giocano solo con lo gnomo, e gonfiabili per tutto il perimetro della villa (due ettari) e sticazzi, senza invitare la tipa e il di lei figlio.
Ma lo gnomo mi ha stupito ancora una volta "io non sono come lui. Se faccio una festa invito tutti."
ecco ora mi sento pure in colpa perché sono una #mammerda pure io.
Allora facciamo così organizzo l'evento dell'anno, quello di cui parleranno per gli anni a venire, campando così di rendita per diverso tempo, e sto.
Nel frattempo però stilo un decalogo per riconoscerle, perché anche se scuola che vai #mammerda che trovi, certi personaggi sono uguali da regione a regione, cambia solo l'accento perché teste di cazzo sono e teste di cazzo resteranno.
Dal libro "Credevo fosse un'amica ed in invece era una stronza" il capitolo dedicato alle stronze mamme

Le mamme stronze
E continuiamo il viaggio nel mondo delle stronze, oggi ci occuperemo di una categoria a me davvero cara: le stronze mamme, che per la proprietà commutativa si possono trasformare nelle mamme stronze che tanto il risultato non cambia: sempre stronze sono.
Il branco si ritrova di solito all’esterno di una scuola, sia essa materna, elementare o media, dopo i figli sono troppo grandi e hanno provveduto in primis a sfancularle senza aspettare che lo faccia qualcun altro per loro, e le riconosci facilmente dallo sguardo che hanno.
Ti squadrano dall’alto verso il basso per capire chi cazzo sei, chi è tuo figlio, perché sei in pigiama e soprattutto orrore! perché non ti sei messa un minimo di stucco sulla faccia prima di uscire, non lo so almeno il mascara dico io.
97
Le mamme stronze passano ore davanti al cancello della scuola, se non c’è un bar a tiro, altrimenti ci si spostano in gruppi e le ore le passano lì, dove si deliziano praticando il loro sport preferito: il taglia e cuci.
Parlano di vari argomenti. Si va dall’abbigliamento al must delle loro discussioni: quelle infami delle mamme lavoratrici che rovinano l’infanzia dei loro poveri putipù abbandonandoli per ore a scuola e di sicuro verranno su come serial killer, per concludere con il metodo educativo dei figli, e il loro è sempre il migliore.
Di solito la capa delle mamme stronze è decente, esteticamente dico, e ama circondarsi di cesse che l’adorino e non la contraddicano mai, pena l’esclusione dal branco e la messa alla gogna la mattina dopo.
E qui interviene l’aneddoto.
Mio figlio ha otto anni, il suo nome è Gabriele, ma per tutti è diventato lo gnomo (da grande mi odierà forse), un po’ perché il cugino è quindici centimetri più alto di lui – pur avendo la stessa età –, un po’ perché ha le orecchie a punta e sembra un elfo dei boschi (ma elfo era troppo strano come soprannome), ma uno gnomo super figo sia chiaro.
In ogni caso l’amore di mamma sua frequentava una classe in cui c’era il figlio perfettino di una di queste care mamme.
Quelle che:
“Mio figlio non si è mai tolto una caccola” (beata, il mio se le mangia!).

“Mio figlio non ha mai avuto i pidocchi, è troppo pulito per avercene: sia chiaro sono stati gli extracomunitari che li hanno riportati” (pensa te, a noi un anno i pidocchi ci hanno invaso, hanno fatto una strage: mamma, babbo, figlia più grande e gnomo che aveva sei mesi cinque capelli in croce in testa e tre pidocchi).
E soprattutto: “Mio figlio non dice le parolacce, perché noi siamo una famiglia per bene e non le diciamo sia chiaro” (magari non le dicono ma sono dei delatori – e chi fa la spia non è figlio di Maria – dei compagni ignari di cotanta grazia e appartenenti a genitori che al volante infamano gli altri guidatori così tanto che il navigatore non indica le strade ma bippa le parolacce).
L’enunciato è quindi chiaro e lapalissiano.
La mamma stronza per osmosi genera figli stronzi.
Quelli che “maestra lo gnomo ha detto una parolaccia”.
“Maestra la mamma dello gnomo dice le parolacce”.
E qui interviene lo gnomo, putipù amore della sua mamma stronza di rimando (che sarei io) e si presenta:
“Maestra sa che la mia mamma ha scritto un libro sulle puntini puntini amiche?”
La maestra: “Gabriele perché dici puntini puntini ?”
G: “Perché c’è una parolaccia”.
M: “Qual è?” (ma ora dico, perché indagare? Su, lo sanno tutti che la cacca più la rigiri più puzza, mica l’ho inventato io il detto, eh).
G: “Stronzamiche”.

Interviene il figlio stronzo di mamma stronza:
“Aaaah, tua mamma dice la parolaccia stronze?”
Gnomo con nonchalance: “Sì ma mica dice solo stronze dice anche quella con la doppia zeta, in particolare la mattina se siamo in ritardo e davanti c’è una macchina con il guidatore che va piano gli urla: ‘Testa di cazzo ti muovi che faccio tardi a scuola!!!’”.
No ecco, così, tanto per dire.
Noi mamme stronze di rimando generiamo bimbi merda.
I nostri."
Irene Vella

lunedì 15 settembre 2014

Io sono in realtà nonna papera..torta light farina di mandorle e pere

Oggi mi sono data alla prima ricetta con farina alternativa per il mio riavvicinamento al carboidrato: io l'ho adorata i miei burro/fusi dipendenti me l'hanno snobbata.
Bè me lo merito dopotutto cosa mi posso aspettare è un mese che li farcisco con tortini ripieni di cuore morbido a tutti i tipi di cioccolato e burro, schiacce con stracchino e salsiccia e strati di plumcake e muffin.
E' la legge del contrappasso, quando io sono a dieta devo riempire il frigo e gli altri di tutto quello che vorrei mangiare, ma non posso, però ho deciso che il primo step per cambiare passa anche dalla cucina per tutti e quindi via di esperimenti.
Sono un'appassionata di Marco Bianchi e della sua cucina, ho provato più volte a sposare in toto il suo stile di vita, con #iomimuovo #belloebuono che comunque già nel 2007 avevamo coniato (vero Alessio Sassi? :), ma purtroppo spesso io mi muovo dal divano al letto con un saltino in cucina e ritorno,  da oggi forse qualcosa è cambiato (la bilancia me l'ha confermato urlando) e quindi voglio vedere se dopo aver letto "Oggi meglio di ieri" e "Eat and clean diet" di Tosca Reno e "50 minuti due volte alla settimana" e "un anno in cucina " di e con Marco Bianchi avrò quanto meno imparato qualcosa.
Il primo esperimento di oggi è una torta light con farina di mandorle e pere:
ingredienti
due uova
90 gr di zucchero di canna
100 ml di olio di soia
una bustina di lievito vanigliato oppure 25 gr di pasta madre
60 ml di latte di mandorle
100 grammi di farina di farro
50 grammi di farina di mandorle
50 grammi di farina di manitoba
un barattolo di pere sciroppate da 400 gr
Sbattere le uova con lo zucchero, aggiungere l'olio e il latte e continuare ad amalgamare bene, infine aggiungere la farina e il lievito, dopo che il composto sarà bello spumoso preparare la teglia con carta da forno, stendere il contenuto e aggiungere le pere tagliate a dadini.
Trenta minuti in forno ventilato a 180 gradi, togliere spolverare con zucchero vanigliato e a piacere aggiungere panna di soia montata buon appetito :)

Sono una vecchia #cessaasonagli

Lo ammetto sono una fan di Pechino Express, in particolar modo della Pina, è dunque consequenziale che io stia tifando per la coppia di sposini, e che aspetti il lunedì trepidamente per controllare di non perdermi sue perle, tipo appunto "ma cosa mi trucco a fare sono una #cessaasonagli".
Ma devo ammettere di essere una fan dell'ultima ora, infatti nonostante il reality sia alla sua terza mission, questa è la prima che vedo, complice appunto la presenza della Pina, che insieme a Diego Passoni, sono in assoluto la "coppia" radiofonica che più amo.
Da quest'anno ho così deciso di aggiungere alcune pagine per seguire i reality che seguo, Xfactor, Masterchef e Pechino Express, visto che la mia bacheca su facebook durante le puntate è una delle  più seguite ho pensato di dedicare uno spazio anche nel mio blog/magazine con tanto di pagelle.
Dopotutto visto che sono una giornalista a prescindere dai giornali con cui collaboro e che scrivendo per altre testate finisco sempre per litigare con qualcuno, forse è meglio essere il famoso capo di me stessa, così  forse mi darò ragione.
Ma abbiate fede perché di novità ce ne saranno tantissime, a partire da domani, quando, accompagnata per mano da Fabè Dia (campionessa olimpionica francese naturalizzata italiana dei 400 ) e seguita dal marito Mitter nelle vesti di preparatore alimentare, cercherò in due mesi (come base) ma per tutto il tempo che vorrà soprattutto, di riappropriarmi del mio corpo, ma  soprattutto, della mia testa (che ultimamente si fa un po' troppi i cazzi suoi).
I progetti in fieri sono tantissimi, riprenderò in mano anche la parte degli amici di Irene,  mettendo una vera e propria sezione interviste, ad ottobre esce il mio sesto libro scritto con Roberta Giovinazzo, a fine novembre devo consegnare il libro che uscirà nel 2015 per Piemme Mondadori e poi ci sono anche nuove collaborazioni, con Grazia per la carta stampata, e dovreste anche rivedermi presto come inviata (dove per ora non è dato sapere, ma è anche per questo che devo dimagrire la tv ingrassa e che cappero..)
Insomma cari amici rimanete sintonizzati, dopotutto se con la mia penna devo arricchire gli altri e incazzarmi senza motivo, meglio rimanere povere, felici, serene e scrivere per me stessa, ma soprattutto per chi vuole leggermi senza l'obbligo di spendere dei soldi :)

lunedì 28 aprile 2014

Articolo tratto da Vanity fair del 01/02/2014 

Cristiana dona un rene al marito malato, e lo salva. Una settimana dopo la nascita del loro secondo figlio, lui la lascia. Eppure, lei spiega: «Rifarei tutto, anche domani»

«Gli ho donato un rene. Poi mi ha lasciato»

«Prepara i bambini che passo a prenderli e poi li porto all’asilo. Cristiana»: un messaggio normale, scambiato tra due genitori separati. A renderlo speciale è il fatto che nel 2010, prima della separazione, Cristiana ha di fatto salvato la vita a suo marito, donandogli un rene. Cristiana Casalicchio non è il primo caso in Italia di donna che dona un rene al marito.

Il suo «primato» (triste) è un altro: in Italia è la prima donna che, dopo la donazione di un organo e la nascita di un secondo figlio, è stata lasciata dal compagno. Ma non per questo oggi rinnega la scelta fatta nel 2010, anzi. Ed è per questo che ha deciso di raccontare la sua storia. Cristiana e Stefano fanno coppia fin dai banchi delle superiori, prima come compagni e poi come fidanzati. «Ci siamo sposati il primo febbraio del 2007», racconta Cristiana. «Nel 2009 è nato il nostro primo figlio, Federico, e poi, nel 2011, il secondo, Riccardo. Ci siamo separati il 18 dicembre 2013».

La storia del loro matrimonio si intreccia a quella della malattia. La sindrome di Alport che, inizialmente in forma lieve, viene diagnosticata a Stefano alla visita militare. «Eravamo sposati solo da qualche mese quando i valori che indicavano la funzionalità renale di mio marito peggiorarono notevolmente. Il nefrologo fu molto chiaro, la prospettiva era una sola: dialisi e trapianto. Il mondo mi è crollato addosso. Da quel momento l’insufficienza renale è entrata a gamba tesa nelle nostre vite: non siamo più stati liberi di scegliere, a scegliere per noi erano i numeri della creatinina.

Era sempre come trovarsi sull’orlo di un baratro, non sapevamo né come né quando saremmo caduti. Però sapevamo con certezza che, prima o poi, sarebbe successo». Come si reagisce, a una situazione così? «Abbiamo deciso di trascorrere quel poco che restava di una vita “normale” cercando di avere un figlio. Sono rimasta incinta, e il 2 maggio 2009 è arrivato Federico. Poi però la situazione è precipitata e, durante un controllo in ospedale, lo sguardo della dottoressa non ha lasciato alcun dubbio. Le ho chiesto: “A quanto è arrivata la creatinina?”. Quando ha risposto che il valore era sette – calcoli che la norma è compresa tra 0,7 e 1,2 – mi sono seduta e ho cominciato a piangere».

Non ci sono più alternative: l’unica possibilità è quella di un trapianto da donatore vivente. Si offrono in tre: la madre, la sorella e Cristiana. La prima viene scartata perché anche lei portatrice della sindrome di Alport, alla seconda la donazione viene assolutamente sconsigliata: troppo giovane. Rimane solo la moglie. Come si arriva alla decisione di donare un rene? «È stato un gesto assolutamente spontaneo, dettato dall’amore. Un gesto che non rinnego: l’ho fatto per mio figlio, per la mia famiglia, e lo rifarei. Se ami qualcuno non ti fai troppe domande, cerchi solo le risposte, le soluzioni. E, in quel caso, io ero la soluzione».

Di quel 10 febbraio 2010, il giorno dell’operazione, Cristiana ricorda «soprattutto la gioia per quello che stava accadendo: dopo un’attesa tanto lunga, ero certa che una volta eseguito l’intervento la strada sarebbe stata tutta in discesa: fuori dall’ospedale ci aspettava la rinascita della nostra famiglia».   e infatti, dopo un periodo di isolamento, la vita torna a scorrere. Però, già dai primi giorni, Cristiana si accorge che il marito è cambiato: riprende tutte le attività sportive, dal calcio al tennis, ma rimane sempre più spesso fuori casa, quasi sentisse l’esigenza di scappare da quella che, forse, sentiva come una gabbia.

Decidono comunque di avere un secondo bambino, ed è durante questa gravidanza che i dubbi di Cristiana aumentano. «Stefano era assente, scostante, ma io non volevo vedere: mi faceva troppo male. Chiudevo gli occhi, sperando che cambiasse qualcosa, ma ogni volta che li riaprivo era sempre peggio. Poi ho dovuto prendere coscienza di quello che stava accadendo: è stato proprio il giorno della nascita di Riccardo, il 6 luglio 2011. Il bambino è nato alle 6.20 e io ero ancora in sala parto quando mio marito mi ha detto che tornava a casa a dormire perché era stanco. Erano le 6.30». Federico ha diciotto mesi e Riccardo appena una settimana quando Stefano comunica a sua moglie che non sa più che cosa prova per lei, che non è sicuro dei suoi sentimenti.

Si prepara la valigia e torna a vivere nella mansarda dei genitori, lasciando Cristiana con due figli e un solo rene. in questa storia colpisce, e stupisce, la tranquillità e la forza d’animo di Cristiana: ci sono mogli che, per molto meno, spaccano le macchine dei loro ex mariti o li vessano in mille altri modi. Lei no. «Sono sincera, c’è stato un momento in cui, se non avessi avuto il sostegno di una psicologa e dei miei amici, forse non ce l’avrei fatta. È stato un periodo durissimo, di tentativi di stare ancora insieme, di fallimenti. Ho messo io la parola fine al nostro matrimonio dopo essere tornata da Parigi, dove avevo trascorso la notte di Capodanno guardando i fuochi d’artificio con i miei figli dalla finestra della nostra camera d’albergo mentre Stefano era fuori a festeggiare».

Qualcosa di buono, quella sofferenza, glielo ha lasciato. «Ho scoperto di essere forte, indipendente: non ho più paura di dormire da sola, ho ritrovato il sorriso. Ho capito che per amare di nuovo qualcun altro devo imparare ad amare me stessa. Non mi spaventa nulla, e quando mi sento triste mi dico che a tutto c’è rimedio: basta solo volerlo». Cristiana ha gli occhi azzurri che brillano mentre guarda i suoi figli. «Mi dispiace solo che non abbiano mai avuto l’occasione di vedere quanto amore la mamma e il papà provavano l’uno per l’altra. Abbiamo vissuto anni amandoci davvero, ma non siamo stati in grado di farlo “sentire” a loro.

Spesso mi chiedo come sarebbe stato vivere tutti e quattro insieme: questo è il mio più grande rimpianto. Ora, saperlo innamorato di un’altra donna mi dà un po’ fastidio, ma credo sia normale. Quello che invece non mi dà pace è che i miei figli debbano vivere la mia stessa esperienza di figlia di separati, una vita con la valigia, da una casa all’altra. Forse per evitare questo non abbiamo lottato abbastanza. Voglio ancora bene a Stefano, e un po’ mi consola che un pezzo di me vivrà per sempre in lui, così non potrà cancellarmi del tutto. Donargli un rene, comunque, è un gesto che rifarei anche domani. Nella tragedia, ricordo quei giorni come i più belli della mia vita».

Articolo tratto da Vanity Fair del 27/04/2014

«Io, salvata dagli angeli della Concordia»

 L'intervista a Paola Nappi, la giornalista del tg3 che ha avuto un Ictus all'Isola del Giglio mentre documentava gli avvenimenti della Costa Concordia

 




Paola mi apre la porta di casa sua, si ferma un attimo mi abbraccia senza preavviso e con gli occhi lucidi mi dice: «Hai visto come sono cambiata? Sono l'ombra di me stessa». Scuoto la testa, l'abbraccio e poi le dico di non pensarle nemmeno queste cose perché lei ha vinto la guerra.

Paola Nappi è una sopravvissuta. Inviata del tg3 della Toscana, volto di punta, quarantanove anni, un marito e due figli, si trova all'Isola del Giglio per la messa in suffragio dei naufraghi della Costa Concordia, quando all'improvviso la sua testa va in blackout e sviene sulle scale della chiesa del porto.

E' una lotta contro il tempo, il caso vuole che sia pronto un elicottero e che venga trasportata d'urgenza prima a Grosseto, stabilizzata ed intubata in volo, e poi, vista la gravità della situazione, trasferita alle Scotte di Siena e operata d'urgenza al cervello dalle 2 alle 8 di mattina. Giorni di coma farmacologico, una lotta tra la vita e la morte, ma Paola Nappi è la giornalista guerriera, come viene amorevolmente soprannominata dalla rete, e ora dopo ora si accendono le speranze di un suo possibile risveglio.
Nei suoi occhi intravedo tutta la sofferenza che ha passato ma anche la felicità di una miracolata.

Sei entrata giornalista e sei uscita guerriera te lo saresti mai aspettato?
«Di svenire sui gradini di una chiesa e di ritrovarmi in un letto d'ospedale più morta che viva? Direi di no. A parte gli scherzi avevo avuto qualche avvisaglia di mal di testa, ma niente che non si potesse risolvere con un'aspirina. Erano giorni però, forse settimane, che non riposavo, non mi prendevo una pausa, e alla fine il mio corpo si è ribellato e si è spento».

Dalla notte del naufragio della Costa Concordia, era il 13 gennaio 2012, immagino
«Anche da prima forse, mi ricordo che il cellulare è squillato era il caporedattore che mi avvisava di quello che era successo e mi chiedeva di partire subito, ma io il giorno dopo ero libera ed avevo un viaggio organizzato. Gli ho detto di no. Se non andavo con mio marito rischiavo il divorzio».

E quando sei partita?
«Due giorni dopo, era un continuo andare all'isola e tornare a Livorno, e ogni volta il relitto mi sembrava sempre più grande, non riuscivo a togliermelo dagli occhi nemmeno quando tornavo a casa. Immaginavo il terrore che dovevano aver provato i naufraghi, in particolare la piccola Dayana, da mamma non riuscivo a non pensare a lei».

Passa un mese e il 13 febbraio viene celebrata una messa in memoria del naufragio «Sono arrivata al Giglio quella mattina, e già erano presenti molti dei naufraghi e dei parenti delle 32 vittime. Tornavano nella Chiesa che quella notte li aveva accolti, tornavano con le coperte lavate e stirate da restituire agli abitanti che li avevano riscaldati. C'erano i giornalisti di tutto il mondo, le tv straniere, i volontari delle ambulanze della Toscana, tanta neve, e freddo».

All'improvviso ti senti male...
«Un aneurisma al cervello. I volontari delle ambulanza erano lì per i sopravvissuti della Costa Concordia e hanno salvato me. Mi hanno messa in elicottero e portata a Siena dove sono stata operata subito, se non fossi stata lì probabilmente non mi sarei salvata».

Hai avuto paura di non farcela?
«Sì, anche perché il recupero è stato ed è tuttora molto difficile, appena mi sono risvegliata dal coma non riuscivo a parlare, mi stancavo subito, prima di rialzarmi ci ho messo dei mesi».

Dove hai trovato la forza?
«Dai miei figli e mio marito in primis, e poi tutte le testimonianze d'affetto ricevute dai colleghi e dalle persone incontrate durante il mio lavoro, avevano anche creato un blog dove si scambiavano informazioni e mi incitavano a non mollare. Ogni giorno sulla bacheca di Facebook mi lasciavano messaggi di incoraggiamento. C'era chi pregava, chi mandava sms al mio cellulare spento, nel momento del bisogno ho scoperto che tante persone mi volevano bene».

Qual è stato il momento più bello della ripresa?
«Quando mio marito mi ha portato il tablet e mi ha detto di scrivere sul mio profilo per salutare tutti. Ho scritto solo: “ciao sono Paola, la giornalista guerriera: ce l'ho fatta».

venerdì 25 aprile 2014

Rest. It's part of the program

Non sono sparita, sono solo stata risucchiata (come al solito) dal lavoro due articoli consegnati, due  da consegnare (a proposito prossimamente sul sito di Vanity Fair la storia di una mia amica che ha combattuto e vinto la sua guerra e su Donna Moderna due inchieste in cui ho messo anima e cuore) e il blog l'ho dovuto accantonare per qualche giorno, ma non la dieta e l'allenamento.
Seguita via what'up con una precisione perfetta dal mio mitico personal trainer Michele Cipriani ho continuato, e devo dire che mi sono anche pesata e comincio a vedere i primi risultati (confermati anche dalla mia estetista che mentre mi faceva la ceretta notava il miglioramento tonico del mio quadricipite, e son soddisfazioni cazzu cazzu :): ho perso 700 gr, e onestamente non ho fatto troppa fatica.
Nel mio programma ho fatto ogni giorno un workout diverso, mercoledì ho eseguito per dieci volte 1' di camminata veloce a 6,5 + 1' di corsa a 9 (la velocità della camminata e della corsa dovevano essere le massime sostenibili) mentre quello di ieri (che non sono riuscita a fare e che ho recuperato stamani) preceduti sempre da 5 minuti di riscaldamento e nel secondo da dieci minuti di camminata veloce e consisteva in 21 Thruster con manubri e 21 deadlift con manubri 18 T 18 D 15 T 15 D 12 T 12 D 9T 9D (per la tipologia di esercizi vedere il link su ytube  https://www.youtube.com/playlist?list=PLORu7Z_2rtELPmq1r1ymGNcEvEsGXAb5B ).
Per la giornata odierna il menù prevede pasta con pisellini e verdura saltata in padella (tutto rigorosamente senza olio) merenda il mio yogurt con cereali e cena spiedini di pollo con verdure in forno :)
Per dolce mi faccio una bella mela tagliata a dadini un cucchiaino di zucchero di canna (oppure dolcificante) una spruzzata di cannella succo di limone metto nel microonde per un minuto e nel mentre mi preparo la panna vegetale (200 kl per 100 gr) e de metto 30 gr sopra la mela et voilà il dolce è servito :)
E se io ho perso 700 gr mia figlia è stata top: con questo programma in cinque giorni lei aveva perso 1,4 kg è stata davvero bravissima, se continua cos' arriverà a giugno in formissima ed avrà imparato anche ad alimentarsi adeguatamente.
Quindi non ci mollate mi raccomando: restate con noi.

martedì 22 aprile 2014

Ok lo ammetto ho peccato :(

Ebbene cari amici miei nonostante tutti i miei buoni propositi di non toccare dolci e di non cedere alle tentazioni ieri sono caduta, ma nel mio cadere sono stata brava via.
A mia discolpa posso dire che era Pasquetta e che avevo ospiti a casa, quindi nonostante avessi preparato un pranzetto con i fiocchi, in realtà non sono caduta sul primo, mi ero fatta il pasto alternativo devo dire molto buono, ma sui dolci.
Sì perché visto che avevamo ospiti dopo aver preparato la crumble di mele vera con la panna montata, sono uscita e sono andata al bar Commercio.
Ecco quella pasticceria è come il tabacchi per chi sta cercando di smettere di fumare: hanno dei dolci così buoni, ma così buoni che parlano da soli attraverso lo specchio.
Sono dei disgraziati tu provi anche a dirglielo che questa volta non ci caschi e loro che fanno? decidono che è il momento di mettere fuori delle nuove creazioni che ne so mascarpone con le fragole, o cioccolata bianca con il cocco, mini porzioni di torta paradiso o torta di mele...e tu che fai?non le prendi? mica per te sia chiaro: per gli ospiti. E poi che fai non porti dei biscotti come regalo? e poi che fai non li apri? Ecco insomma sì via mi pento e mi dolgo dei miei peccati: li ho assaggiati un po' tutti (tranne la crumble tanto la conoscevo già :) a piccoli pezzettini e ieri sera ho mangiato insalata con la ciccia (così almeno ho ammortizzato un po')
Oggi però ho ripreso senza sensi di colpa e Dona con me.
Così con la colazione uguale caffè latte e pane integrale più marmellata, spuntino di metà mattina un caffè macchiato e due fette biscottate di soia, a pranzo invece della pasta mi sono fatta 50 gr di legumi (ceci e fagioli) con un pomodoro maturo un cucchiaino di olio uno spicchio di aglio e una manciata di formaggio grattugiato (20 gr di lerdammer) e due fette di pane integrale.
Mia figlia invece è rimasta a mangiare fuori come spuntino di metà mattina aveva un pacchetto di cracker integrali e per pranzo le ho detto di farsi un panino senza salse con la carne e le verdure...mi avrà ascoltato? speriamo :)
Stasera ci aspetta la merenda con il nostro yogurt e cereali dopo la sessione di ginnastica (che dopo vi trascrivo) e stasera per cena ci rifacciamo le polpettine con le verdure (quelle light) con una padellata di vedure miste: due zucchine, un peperone, due patate piccole e quattro pomodori (tagliamo tutto sottile e lo facciamo stufare con il brodo invece che con l'olio) e il pane invece che 70 gr ne prendiamo 50 a testa perché abbiamo messo le patate in padella :) e dopo cena una mela al microonde con limone, cannella e dolcificante in gocce (io uso il tic) e speriamo che mi passi questa cappero di voglia di dolce.
Ecco l'allenamento per la giornata di oggi e come dice il mio PT: Rest. It's the part of the program !
Riscaldamento: 5 minuti di tapis.
Quattro giri di: 400 metri di corsa, 25  situp, 400 m corsa, 25 squat 400m corsa, 25 situp, 400 corsa, 25 pushup.
E speriamo che dopo l'allenamento IO REST almeno in piedi :))))))

 

lunedì 21 aprile 2014

Pasquetta in compagnia: che dieta sia :)

Siamo arrivati al terzo giorno e come direbbe qualcuno: va tutto bene.
A parte la voglia di dolci, a parte che mi sogno il tiramisù con gli oro saiwa, crumble con panna come se non ci fosse un domani, e gelato al pistacchio dove fare il bagno, direi che sto resistendo.
Devo dire che sono stupita dalla forza di volontà di mia figlia, probabilmente anche io alla sua età ero così ligia, in realtà alla sua età ero talmente secca da far paura, ma non per scelta eh.
Devo ringraziare mia madre che, a causa di un acetone che a cinque anni mi buttò su un letto di ospedale alimentata ad acqua e zucchero con il cucchiaino (altrimenti vomitavo tutto,) sentenziò che non avrei più toccato un dolce (su suggerimento del caro dottore caro tanto caro).
E così voi immaginatevi una bimbetta soprannominata Olivia, Nonna Osso che fino ai 14 anni la mattina faceva colazione con il thè e i biscotti secchi e andava nelle dispense altrui ammirando il Nesquik come fosse un tramonto e la Nutella come fosse un dio pagano, nulla di strano che a 15 anni mi abbiano trovato quasi in coma diabetico sotto il letto con una faccia da imbecille (ma soddisfatta) e un barattolo di cioccolata spalmabile finita con il cucchiaino.
La mia fame atavica di dolci quindi capite che viene da lontano, è stato sicuramente il mio più grande trauma infantile, tutta colpa dell'acetone se sono ingrassata tzè.
Comunque bando alle ciance veniamo a noi, oggi è il terzo giorno di dieta ed è pure Pasquetta e soprattutto vengono a trovarci dei nostri cari amici da Ancona e quindi dovrò assolutamente studiare un pasto alternativo ma altrettanto invogliante per me e mia figlia, e così sia.
Per la colazione stamani io ho mangiato le mie solite due fette di pane integrali con la marmellata e il caffè più latte scremato, la Dona ha preso lo yogurt al posto del latte, a metà mattinata io ho preso un caffè macchiato e una fetta biscottata alla soia, per pranzo la dieta prevedeva la pasta e fagioli (50 gr di pasta e 50 gr di fagioli), ma visto che è festa ho pensato di fare gli spaghetti di soia con il ragù vegetariano (adesso vi do la ricetta)
Ingredienti per due persone: 180 gr di spaghetti integrali o di soia , 1/2 cipolla, 1 spicchi di aglio, 1/2 peperoncino, pomodori in scatola 200 grammi, 1 carota, un mazzetto di prezzemolo, una costa di sedano, una foglia di alloro, un bicchiere di vino bianco, origano, basilico, parmigiano grattugiato, olio.
Preparazione: Pulire e tagliare a cubetti la cipolla, le carote e il sedano. Tritare il prezzemolo e l'aglio. Scaldare un l' olio (1 cucchiaio più mezzo bicchiere d'acqua) con il peperoncino, il trito di prezzemolo e aglio e le verdure preparate. Farle soffriggere per qualche minuto, alzare la fiamma, versare il vino e lasciare evaporare.
Aggiungere i pomodori tagliati a cubetti, l'alloro, una presa di origano e qualche foglia di basilico spezzettata.
Mettere il coperchio e lasciare cuocere per circa 15 minuti a fiamma moderata, mescolando di tanto in tanto.
Nel frattempo portare a ebollizione l'acqua per cuocere la pasta e scolarla un po' al dente per farla saltare nel ragù, mescolando bene.
Eliminare la foglia di alloro e il peperoncino e trasferire i maccheroni nei piatti e accompagnare con parmigiano grattugiato.

Per contorno ho preparato degli spinaci (lessati poi fatti insaporire con le spezie senza olio nella padella antiaderente), 200 gr a testa.
A merenda uno yogurt o della frutta (due piccole mele o una pera)
Stasera per cena abbiamo 100 gr di tonno più insalata a testa e 80 gr di pane integrale.
Il nostro sgarro programmato di oggi prevede o 30 gr di popcorn davanti alla tv o 30 gr di cioccolato fondente al 70% (due quadratini da mangiare uno per cena e uno per pranzo).
Ma come promesso vi lascio con la ricetta della finta crumble  per quattro persone.
Prendete quattro mele Golden, tagliatele a pezzetti piccoli mettetele in una pirofila con il succo di mezzo limone dolcificante e un cucchiaino di cannella e via nel forno a microonde per due minuti (nel forno normale 15 minuti a 180 gradi)
A parte preparate una cremina con la ricotta magra (100 gr, in pratica 25 gr a testa)  un cucchiaino di miele e un cucchiaino di latte scremato, nel mentre bagnate 12 pavesini nel latte scremato e riponeteli nei piccoli contenitori (come nella foto) alla base, e sopra aggiungete le mele, et voilà la finta crumble è servita.
Totale calorie a porzione meno di 100.
Buon appetito e buona Pasquetta.
Ps. oggi facciamo festa con l'allenamento, riprendiamo domani.

domenica 20 aprile 2014

Il secondo giorno: impossibile is nothing

Ed eccoci qua: è Pasqua, ma noi facciamo finta di nulla.
Fare la dieta nei giorni festivi è quanto di più duro e temprante ci possa essere, ma noi non ci scoraggiamo facilmente, e quindi visto che in ogni caso siamo noi quattro da soli ho optato per un menù doppio, della serie femmine contro maschi, ma sono davvero soddisfatta del risultato.
Chi l'ha detto che essere a dieta vuol dire mangiare senza sapore? Io mi sono impegnata e per non  fallire miseramente anche questa volta ho cercato di integrare la dieta data dal dietologo con delle ricette che soddisfacessero il palato.
Vi dico solo che dopo la sessione di fitness di venerdì ieri non muovevo le gambe, ebbene il mio personal mi ha cazziato giustamente perché mi ero dimenticata di riprendere fiato tra una sessione e l'altra, quindi oggi, anche se non è prevista la ginnastica, io farò 30 minuti di tapis roulant per sciogliere l'acido lattico dei quadricipiti che chiedono pietà.
Mia figlia, sarà l'età, quattordici contro quarantatré (diciamo che è avvantaggiata), è stata bravissima: non ha sgarrato  ed ha seguito la sua scheda senza battere ciglio, sono davvero orgogliosissima di lei.
Il mio pranzo di oggi quindi è un modo per premiarla :)
Cominciamo:
Colazione: 60 gr (io ho tostato due fette di pan bauletto ai cereali) di pane integrale con 30 gr di marmellata + caffè e latte di soia con dolcificante.
La Dona al posto del caffèlatte ha presto uno yogurt alla frutta e un succo di arancia senza zucchero.
lo spuntino era un pacchetto di cracker integrali, ma essendoci svegliate tardi abbiamo saltato.
Per il pranzo: pasta con zucchine, la porzione a persona è 100 gr (integrale) e 100 gr di zucchine da poter cucinare o lesse o in padella con un cucchiaio di olio.
Allora io ho trovato in rete questa ricetta che faceva al caso mio: ho messo a lessare 200 gr di zucchine (per due persone) tagliate a tocchetti piccoli (sono all'incirca tre zucchine) dopo dieci minuti ho aggiunto 200 gr di pasta integrale e nel mentre ho preparato una salsa fatta con 50 gr di ricotta un cucchiaio di acqua della pasta e 20 gr di parmigiano.
Ho scolato la pasta con le verdure ho aggiunto la ricotta et voilà un primo gustoso, sano e dietetico.
Per contorno abbiamo le bietole lesse 200 gr a testa condite con olio soia e limone.
Merenda: frutta 200 gr , aggiungiamo lo yogurt se facciamo attività fisica.
Cena: Avevo 200 gr di carne macinata magra più insalata mista e 70 gr di pane integrale ed una mela.
Ho provato questa ricetta per fare le polpette light: 200 gr di carne macinata magra una fetta di pane integrale bagnato nel latte scremato e un cucchiaio di parmigiano, le ho assemblate ho fatto sei palline e le ho messe nel forno con la carta assorbente senza nessun tipo di condimento (sono venute spettacolari e magre) per circa 15/20 minuti a 200 gradi.
Visto che ho aggiunto degli ingredienti, invece di mangiare sei palline, ne mangerò quattro e così  faccio pari con le calorie.
E quindi per oggi sono a posto, tra un po' proverò a fare una torta dietetica alle mele, così domattina la mangeremo al posto dei biscotti.
Forza ragazze è dura, ma io so che ce la possiamo fare.
Ieri quando ho avuto dei momenti di cedimento (tipo fame da morire) ho bevuto l'acqua, e mi sono mangiata degli spicchi di mela.
Oggi è Pasqua quindi mi mangerò anche un quadratino di cioccolata fondente: ricordatevi è meglio sgarrare una volta al giorno con 30 gr di cioccolato (fondente al 70%) piuttosto che una volta in una settimana e farsi fuori un uovo kinder gigante (a parte il fatto che poi l'uovo al latte non mi piace per nienteeee) l'importante è farsi dieci minuti di camminata in più.
Lo sgarro deve essere controllato, mesi di privazioni portano allo sclero totale, io dopo due mesi senza toccare un dolce mi sono fatta una settimana di crumble di mele con la panna montata tutti i giorni....sarà per questo che ho ripreso sette chili in un mese e mezzo? :)
Domani vi posto la ricetta della crumble dietetica con mele cannella e ricotta magra :))))
Stay tuned
Buona Pasqua
 

sabato 19 aprile 2014

In due è meglio: diario alimentare di mamma e figlia

Ben ritrovati amici del blog, sappiate che per avere la libertà di comunicare con voi e pubblicare senza infastidire costantemente il mio mitico Web Master Gianluca Arsì mi sono fatta cambiare la grafica , e così eccoci qua.
Questi due mesi di latitanza sono dovuti (come penso immaginiate) all'essere stata risucchiata da impegni lavorativi a non finire, tra feste di presentazione (lo so è un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo), la "scuola comica di cucina" con la meravigliosa Daiana Cecconi e Michela Sciurpa, e il lavoro di giornalista che prosegue a gonfie vele con la mie collaborazioni con i due settimanali migliori in Italia Donna Moderna e Vanity Fair.
Naturalmente in questo giro vorticoso dopo aver perso con fatica  sette chili, questi infami si sono ripresentati nel giro di otto settimane, e mi sta bene così imparo ad affidarmi alle pasticche per dimagrire: non ho imparato. E mi torna in mente quella frase "il problema è che avendo vinto facilmente barando (leggere aver perso peso non grazie ad un cambio di vita consapevole)", non è facile farlo rispettando le regole."
Quindi dopo ormai ben sei anni di yoyo ho deciso che questa volta avrei fatto sul serio, non so chi ringraziare per questa nuova consapevolezza, forse il tempo che passa porta anche un po' di saggezza fatto sta che ho deciso che questa volta non avrei cercato scorciatoie ma solo la fatica di una adeguata preparazione fisica e un cambio generico di approccio alla mia alimentazione.
E così, visto che in due è meglio, ho coinvolto in questo  change anche mia figlia Donatella ( i chili da perdere sono gli stessi: sette), e sotto la supervisione telematica dell'amico personal trainer Michele Cipriani e la dieta studiata dal dottor Oliva ci rimetteremo in forma, raccontando passo per passo in questo blog i nostri miglioramenti, come se fosse un diario.
Io poi per farla completa mi sono affidata anche alle meravigliose creme di Agnieszka Rakowska
in particolare alla linea relax con il trattamento sollievo gambe e crema inestetismi per la cellulite, crema addome fianchi e crema corpo nutriente: io li trovo strepitosi e sono adatti anche alle pelli più delicate e lasciano un buon profumo ( io li uso da sei mesi e mi trovo benissimo: per informazioni visitare il sito http://www.naturalbio.eu/it/home )
In realtà è stata illuminante anche una foto che il mio grande PT mi ha inviato insieme al workout del giorno "Every mother should remember that one day her sweet daughter will follow her example instead of her" che tradotto vuol dire : Ogni madre dovrebbe ricordare che un giorno la dolce figlia seguirà il suo esempio invece di lei. Così ho deciso che se non lo devo a me stessa lo devo alla mia adorabile bimba e così ho deciso di voltare pagina.
Ho deciso di condividere con voi sia il mio schema alimentare che il percorso atletico, mi sono data un tempo bello ampio per poter così tornare ad essere "sana" per sempre.

L'allenamento di oggi consiste in 30 minuti di tapis roulant ( potete camminare a passo veloce per lo stesso tempo) e cinque giri di: 20 situp, 15 squat e 10 pushup, vi metto i link degli esercizi basta che andiate sul canale ytube dello gnomo e ho salvato tutti i video https://www.youtube.com/playlist?list=PLORu7Z_2rtELPmq1r1ymGNcEvEsGXAb5B
e vi posto anche lo schema alimentare di oggi:
colazione: caffè più una tazza di latte (scremato o di soia) o al suo posto uno yogurt alla frutta e 50 grammi di biscotti secchi
spuntino matti: un caffè macchiato e un pacchetto di cracker integrali ( se non li avete due fette biscottate integrali vanno benissimo)
pranzo: riso e piselli e insalata di invidia condita con olio di soia
ricetta per due persone: 200 gr di riso e 100 grammi di pisellini freschi (ma anche surgelati vanno bene). Cucinare in abbondante acqua riso e dopo 10 minuti dall'inizio della cottura aggiungere i pisellini per cuocerli insieme, a piacere potete aggiungere a crudo pomodorini pachino (cinque/sei) per condire e dare colore un cucchiano a crudo di Olio Evo e 20 grammi di parmigiano.
spuntino merenda (solo se si fa attività fisica) 200 gr di frutta uno yogurt e 40 gr di fiocchi di mais.
Nel caso non si faccia attività fisica solo frutta.
cena: due uova 200 gr di carciofi 80 gr di pane integrale e 20 gr di olio di soia.
Bene buona giornata e ricordatevi sempre che "Un giorno senza sorriso è un giorno perso"