domenica 21 settembre 2014

Aborto ai tempi dell'obiezione


Emergenza aborto all'ospedale Niguarda è una notizia di pochi giorni fa , i medici non obiettori si sono ridotti a due e per garantire l'applicazione della legge 194 i vertici ospedalieri hanno dovuto chiedere aiuto ai ginecologi del Sacco.

Anche quest'anno la relazione del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194 conferma la netta riduzione dei tassi di abortività nel nostro Paese,(- 54.9% dal 1982) sottolineando il dato di fatto che la legge funziona, nonostante gli innumerevoli attacchi subiti nei trentacinque anni trascorsi dalla sua approvazione.

Il dato più preoccupante riguarda proprio i numeri relativi all'obiezione di coscienza (70.7%) che, tra l'altro sottostimano il dato reale. I dati ministeriali infatti non tengono conto dell’esistenza di una “obiezione di struttura”: che significa che in molti ospedali del nostro paese i servizi per le interruzioni volontarie di gravidanza semplicemente non esistono.

La situazione nel nostro paese vede infatti passare dal 1983 a oggi il numero di ginecologi obiettori dal 59,1 al 70,7% (con punte dall' 80 al 91% in Basilicata, Sicilia Campania Lazio e provincia di Bolzano) contro una sostanziale stabilità del numero di anestesisti obiettori (dal 50.4 al 51.7) e del personale paramedico (dal 44.5 al 44.4)



( i dati si riferiscono alla relazione del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194 nell'anno 2013)



Anna anni 46 madre di tre figli casalinga Imola

per abortire è stata costretta ad andare in una città diversa dalla sua

Quando ho scoperto che la bambina che aspettavo era affetta dalla sindrome di Patau (incompatibile con la vita) ero nello studio della mia ginecologa, l'ho vista sbiancare ed abbassare lo sguardo, il mio cuore si è fermato con quella drammatica diagnosi.

E la situazione si faceva tanto più terribile perché ero di venti settimane, ed avevo solo quattordici giorni per rientrare nei termini stabiliti dalla legge per ricorrere ad un aborto terapeutico.

Il giorno successivo mi sono presentata al pronto soccorso con il certificato del mio medico e mi sono scontrata con un ginecologo obiettore, che dopo aver letto distrattamente la diagnosi mi ha guardato sprezzante dicendo: “noi qua non aiutiamo ad uccidere dei bambini, lo sa che a venti settimane sono già formati? Siete tutte brave a rimanere incinta, tanto poi se c'è un problema abortite.”

Sono quasi svenuta per quelle parole, sono scappata piangendo, mi sentivo morire.

Appena arrivata a casa ho telefonato disperata alla mia dottoressa che il giorno successivo mi ha preparato le carte per il ricovero nell'ospedale dove lavorava lei (a Torino) e ha fatto in modo tale che non mi imbattessi in nessun altro medico obiettore, occupandosi personalmente del mio aborto terapeutico.

Per usufruire di un mio diritto sono dovuta andare in un'altra città, ma se non avessi avuto l'aiuto della mia ginecologa cosa avrei fatto?

Credo che nessuno abbia il diritto di condannarci, siamo noi mamme le peggiori giudici di noi stesse”



Paola C. Roma 55 anni libera professionista due figli

Sono rimasta incinta all'inizio degli anni novanta, nonostante avessi la spirale, e non potessi permettermi di avere un altro figlio.

Ho pensato in tutti i modi a come fare per tenerlo, ma sia per motivi economici che di salute (mi era stato prelevato il rene destro per un tumore da meno di un anno, il mio fisico era ancora molto provato) purtroppo ci ho dovuto rinunciare.

Ho iniziato cosi il cammino per usufruire della IVG , venivo sballottata da un consultorio all'altro, non c'era più posto, il medico era obiettore, e più passavano i giorni più ero terrorizzata dall'idea di passare le dodici settimane consentite per l'interruzione volontaria di gravidanza.

Quando è arrivata la chiamata ero già di dieci settimane e la sera prima dell'intervento ero talmente scossa, che per lo stress ho avuto un aborto spontaneo.

Non lo volevo è vero, ma non per questo quando mi sono resa conto di quello che stava succedendo, non sono stata male, anzi.

Mi sono sentita una madre cattiva.

Così la mattina successiva sono andata in ospedale con mio marito portando con me il contenitore con le prove fisiologiche dell'avvenuto aborto, ho fatto presente la situazione, e hanno deciso di ricoverarmi per farmi un raschiamento il giorno successivo.

I ginecologi, tutti obiettori al mio arrivo in sala operatoria mi etichettano come “una mancata 194” e li sento parlare: sono convinti che mi sia indotta l'aborto con qualche farmaco, e così decidono di trattarmi non come una donna, ma come un'inutile contenitore.

Mi legano per i piedi e mi appendono a testa in giù (per lavorare meglio, perché così la parte in cui dovevano lavorare era all'altezza dei loro occhi e delle loro mani) come fossi un animale da macello.
E' come se fossi stata violentata nell'anima e nel corpo. Al mio risveglio non sono riuscita nemmeno a raccontarlo a mio marito, ma, se tornassi indietro, li denuncerei per evitare che possa succedere a qualcun'altra quello che è successo a me”



Daniela di Terni anni 43 impiegata

Quando ho scoperto di essere incinta ero felicissima, cinque mesi ad immaginare la faccia del mio bambino, immaginare i suoi occhi, la sua bocca, sogni infranti la mattina dell'ecografia morfologica.

Mio figlio aveva la spina bifida che aveva portato un mancato sviluppo del midollo spinale, così ho deciso, devastata, di abortire.

E' cominciata l' odissea nell'ospedale della mia città, nessuno sembrava capire che dietro alla decisione di una madre di rinunciare al proprio figlio c'è uno strazio che non avrà mai fine.

Dopo essere stata ricoverata tra gli sguardi di disapprovazione generale, sono stata abbandonata, nessuno si è più avvicinato a me,

Mi ricordo ancora il viso della dottoressa che, senza la minima compassione, si avvicinò al mio letto (mentre ero sotto contrazioni) e con voce quasi meccanica dire: “ hai diritto a un letto, all'interruzione volontaria di gravidanza e all'assistenza post-parto, ma non ad una presenza medica e ostetrica durante il travaglio perché siamo tutti obiettori di coscienza.”
Sono stata lasciata da sola e disperata con mio figlio morto tra le gambe per un tempo che mi è sembrato interminabile, come per punizione.

Ho sentito dire all'ostetrica che me lo meritavo: ero un'assassina.

Sono stata trattata come un mostro, quel giorno non ho perso solo il mio bambino, ma anche una parte di me stessa.”





Dottoressa Barbara Del Bravo ginecologa ospedaliera presso ospedale di Pisa

Perché quello dell'obiezione di coscienza dei medici è diventato un tale problema, sono davvero aumentati?

purtroppo sì, non posso che confermare il dato emerso dalla relazione del Ministero della salute, negli ospedali italiani il numero dei medici obiettori è cresciuto in modo esponenziale: sono aumentati del 17,3% in trenta anni.

Un dato così preoccupante da indurre il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa a riconoscere ufficialmente che l'Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza.

Un esempio fra tutti la Regione Lazio dove in dieci strutture pubbliche su trentuno (esclusi gli ospedali religiosi e le cliniche accreditate) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Tra queste, due sono strutture universitarie (il Policlinico di Tor Vergata e l’Azienda Ospedaliera S. Andrea), che dunque disattendono anche il compito della formazione dei nuovi ginecologi, sancito dall’art.15 della legge 194.”
 
Irene Vella

 
 

3 commenti:

  1. Articolo interessante su un argomento che non si riesce ad affrontare senza preconcetti..

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    1. grazie, questa è un'inchiesta che ho fatto per Donna Moderna uscito a giugno di quest'anno, è stato un drammatico viaggio nelle esperienze di donne che ancora non si sono perdonate e vivono nel lutto per tutta la vita.

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  2. in uno Stato che prevede una legge come la 194 non dovrebbero esistere obbiettori. a medicina ci sono tante specializzazioni...e lo dico da credente, da madre che ha partorito sua figlia morta a 22 settimane e che per un attimo si è immedesimata in una mamma che sceglie di non avere il suo bambino.Chi pensa che la 194 sia usata come un contraccettivo non conosce il protocollo a cui si deve giustamente sottoporre la donna nè tantomeno i risvolti emotivi della stessa. Penso che non ci sia decisione più tragica per cui mi piacerebbe ci fosse se non comprensione almeno astensione dal giudizio...nessuno di noi è Dio...

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